I grani antichi: cosa sono?

Si definiscono “grani antichi” tutte le varietà che venivano coltivate prima che si iniziasse a selezionare i grani per fini industriali, approssimativamente a partire dagli anni Settanta del Novecento. Infatti le varietà oggi più diffuse (le prime cinque sono Simeto, Duilio, Ciccio, Arcangelo e Creso) sono tutte nate negli ultimi decenni per rispondere alle esigenze dell’industria alimentare che ha bisogno di farine forti, dall’alto indice di glutine, che possano essere lavorate velocemente e ad alte temperature per accorciare i processi produttivi.

In questo articolo spiegheremo la differenza tra grani antichi e moderni ed elencheremo i grani antichi più famosi.

La nascita dei grani moderni

Fin da quando l’uomo coltiva la terra, ha sempre cercato un miglioramento genetico del grano (come di tutte le specie coltivate). In una maniera semplicissima: selezionando le migliori sementi dell’annata per seminarle l’anno successivo. Con quali criteri li selezionava? Anche in questo caso è semplice:

1. produttività,
2. sapore.

Quando le tecniche di produzione si sono industrializzate i criteri sono cambiati. Servivano grani non solo produttivi, ma che potessero essere lavorati ad alte temperature accorciando i tempi di lavorazione. Le linee guida sono diventate:

1. resistenza alle lavorazioni industriali,
2. produttività.

Il sapore è praticamente scomparso dai criteri di selezione perché, con l’affermazione sempre più prepotente delle farine molto raffinate, le differenze di sapori e profumi tra le diverse varietà sono praticamente scomparse.

Rispetto ai grani antichi, infatti, i grani moderni presentano in primo luogo un indice di glutine molto più alto e danno vita a impasti più elastici e resistenti agli shock termici. Così, ad esempio, è diventato possibile ridurre i tempi di essiccazione della pasta da oltre 24 ore a 2-3 ore alzando la temperatura di essiccazione dai 30-40°C delle antiche lavorazioni ai 120 e oltre di oggi. Con il grano antico Senatore Cappelli sarebbe impossibile produrre una pasta industriale: si spaccherebbe troppo facilmente per via della minore presenza di glutine.

Il grano Creso e le spighe nane

Si può dire in un certo senso che i grani moderni sono nati con la creazione del grano Creso, che ancora oggi è la  quinta varietà di grano più diffusa al mondo ed è alla base di molte delle più diffuse, tra cui l’Arcangelo. È considerato un fiore all’occhiello della ricerca italiana, utilizzato nei programmi di miglioramento genetico di Usa, Canada, Australia, Argentina e Cina e nei più importanti centri di ricerca internazionale. È stato ottenuto da un gruppo di genetisti del CNEN (Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare) al Centro Ricerche Casaccia, in una ex fattoria sul lago di Bracciano con una tecnica molto particolare.

In un campo di grano di forma circolare, circondato da uno spesso muro di cemento era stata posta una sorgente di cobalto radioattivo. Dopo essere state esposte alla sorgente radioattiva, le spighe subivano una mutazione genetica imprevedibile: la maggior parte moriva, alcune restavano deformi, ma occasionalmente poteva capitare che qualcuna migliorasse. In particolare, una spiga di Senatore Cappelli ha subito una mutazione che l’ha resa nana, caratteristica importantissima perché evita il cosiddetto allettamento (la tendenza delle spighe a piegarsi sotto l’azione degli agenti atmosferici). Ed ecco perché i grani antichi sono a spiga alta mentre quelli moderni sono a spiga bassa.

Da questa spiga nana (chiamata Cp B144) incrociata con una varietà messicana (Cymmit) è nato il grano Creso, un grano duro molto proteico e facile da lavorare anche ad altissime temperature. Ora potete capire perché tutto quello che sta prima di queste tecniche viene definito grano o cereale antico. Ora possiamo fare una veloce panoramica dei grani antichi.

Quali sono i grani antichi

Il primo grano da nominare è senza dubbio il farro monococco, primo cereale coltivato dall’uomo. Tecnicamente, infatti, il farro è una varietà di grano a tutti gli effetti e per questo è chiamato talvolta anche grano monococco. Ha un chicco molto piccolo ed è poco produttivo, per questo è stato presto abbandonato. Viene riscoperto oggi per le sue qualità nutrizionali superiori agli altri cereali.

A sostituire il monococco è stato il farro dicocco, che è stato la base dell’alimentazione dei soldati romani nella fase di espansione dell’Impero, tanto che la parola farina deriva proprio da farro. A sua volta è stato sostituito dal grano tenero, che cresce già privo della glumella che avvolge il chicco quindi permette di saltare un passaggio di produzione.

Forse la varietà di grano più antica di cui abbiamo traccia, citata perfino nella Genesi, è il cosiddetto Grano del Miracolo, dalla tipica (e unica) forma a grappolo, ormai molto raro può crescere spontaneamente in terreni particolarmente fertili e adatti. A noi è capitato, in un campo sul quale avevamo seminato otto grani antichi per produrre la Farina Luce, che infatti è una farina di 9 grani antichi: gli otto seminati più il Grano del Miracolo.

Un altra varietà antichissima è il khorasan, che molti conoscono con il marchio commerciale Kamut (con cui si identifica solo il khorasan coltivato in Canada secondo un certo disciplinare). La leggenda narra che fosse il grano dei faraoni, ma si tratta appunto di leggenda non documentata (è più probabile che gli Antichi Egizi mangiassero farro e orzo). Resta comunque una delle varietà più antiche che conosciamo.

Pochi sanno che in Italia abbiamo una varietà autoctona del tutto simile sotto il profilo nutrizionale e organolettico: si tratta del saragolla, anzi delle saragolle perché si tratta un gruppo poco uniforme che ha in comune il fatto di appartenere alla varietà triticum turanicum, ovvero khorasan. Occhio, perché esiste anche un grano duro moderno registrato nel 2004 dalla Società Produttori Sementi di Bologna a cui è stato dato ingannevolmente il nome di Saragolla ma non ha niente a che vedere con l’antica varietà. È stato prodotto incrociando la varietà moderna Iride con un grano di laboratorio (PSB 0114) e ricorda le saragolle per aspetto e sapore, ma è un grano duro (non khorasan) e non ha le stesse proprietà nutrizionali.

Un altro grano di cui si ha traccia da più di 2500 anni è la Tumminìa o Timilia, una delle varietà che soppiantarono il farro in epoca romana, tipica della Sicilia.

Nel Nord Italia, invece, in particolare nell’Emilia Romagna, si coltiva almeno dall’Ottocento (a cui risale la prima attestazione) il grano tenero Gentil Rosso. Nei primi decenni del Novecento è stata la varietà più coltivata in Italia ed è ancora oggi apprezzata per la sua grande versatilità. Ha la caratteristica di contenere alti livelli di vanillina, presente in misura minore anche negli altri grani antichi, che donano a questa varietà una delicatezza ed eleganza ineguagliabili.

A partire dagli anni Venti in Italia è iniziata la cosiddetta “Battaglia del grano”, una campagna lanciata dal governo fascista per perseguire l’autosufficienza produttiva. Sono così iniziati una serie di esperimenti per migliorare geneticamente il grano. Ovviamente non avevano nulla a che vedere con le moderne tecniche di mutazione genetica, si trattava semplicemente di incrociare sul campo diverse varietà nel tentativo di crearne una nuova che accorpasse le caratteristiche positive delle prime due (un po’ quello che si studia alle elementari con gli esperimenti di Mendel sulle piante di piselli).

Campione assoluto di questa stagione è stato il geniale agronomo Nazareno Strampelli, padre del grano duro Senatore Cappelli e del grano tenero Mentana, sicuramente i due risultati migliori delle sue ricerche, ma anche di una grande quantità di altri grani.

Citiamo ancora il grano tenero Verna, prodotto in Toscana nel 1953 da Marino Gasparini perché uno dei migliori studi sull’impatto dei grani antichi in una sana alimentazione riguarda proprio questa varietà. È stato condotto nel 2010 a Prato in collaborazione da diversi soggetti e pubblicato sul Journal of Medicinal Food. In pratica è stato analizzato il consumo per 10 settimane di pane di grano antico Verna e per altrettante settimane di pane di grani moderni. Si legge: “Il nostro studio mostra un evidente effetto benefico dell’assunzione di tale vecchia varietà di pane integrale sulle variabili lipidiche, infiammatorie ed emoreologiche. […] Un consumo regolare di tale vecchia varietà di pane integrale può essere utile a ridurre la quantità di rischi cardiovascolari della popolazione in generale”. Anche il progetto triennale (2009-2012) Bio-Panecoordinato dal professor Giovanni Dinelli dell’Università di Bologna lo ha individuato come uno dei migliori grani dal punto di vista nutrizionale per l’elevato contenuto di antiossidanti.

Perché scegliere i grani antichi

Per approfondire 8 motivi fondati per scegliere i grani antichi

Esiste un acceso dibattito tra i sostenitori dei grani antichi (perché più salutari e più buoni) e gli oppositori (per i quali sono solo uno strumento di marketing). Purtroppo le ricerche scientifiche che hanno confrontato in laboratorio alcune varietà antiche con altre moderne non hanno ancora dato una risposta definitiva. Tuttavia la nostra personalissima posizione (non l’abbiamo ancora trovata altrove, ma ci sembra di assoluto buon senso) è che non ha senso concentrarsi solo sui grani, ma bisogna confrontare la filiera di produzione dei grani antichi con quella dei moderni. A questo punto i vantaggi saranno molto più spiccati.

Ne sintetizziamo qui alcuni, per un approfondimento potete leggere i nostri 8 motivi fondati per scegliere i grani antichi.

  • Sono più salutari: innanzitutto perché non vengono coltivati con fertilizzanti chimici, i quali li danneggiano anziché aiutarli (mentre i grani moderni sono sviluppati per dare il meglio proprio in presenza di concimi azotati). In secondo luogo, vista la produzione più ridotta, la filiera di trasformazione è artigianale o semiartigianale: questo significa che il prodotto viene lavorato più lentamente e a temperature più basse che non denaturano i nutrienti. Infine esistono anche studi scientifici che dimostrano il loro maggiore contenuto in sali minerali e vitamine.
  • Sono più digeribili: perché hanno una forza minore e un indice di glutine più basso (per questo sono anche più difficili da lavorare).
  • Prevengono le intolleranze: sulle differenze nella struttura del glutine molto si è discusso e molto si discuterà ancora, ma fino ad oggi le ricerche fatte sulla popolazione (e non in laboratorio imitando la digestione umana, che è a detta degli scienziati impossibile da riprodurre in vitro) suggeriscono che i grani antichi irritano l’intestino meno di quelli moderni. Se sia dovuto al glutine non è ancora chiaro, per questo oggi non si parla più di intolleranza al glutine ma di intolleranza al grano.
  • Sono più buoni: se chiedete a un mugnaio vi dirà che si possono distinguere molti grani antichi dal profumo che si sprigiona durante la molitura, mentre i grani moderni sono poco profumati. Inoltre la filiera di produzione artigianale o semiartigianale dei grani antichi dà vita a prodotti più gustosi anche per via delle lavorazioni di qualità più alta, mentre le varietà moderne pensate per le produzioni industriali vengono generalmente usate in prodotti di qualità medio-bassa.
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